Be different, be brave: il segreto delle grandi aziende?

Pubblicato il: 12 Settembre 2018Categorie: Marketing0 CommentiTempo di lettura: 3,4 min

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“Just Google the place where Coca-Cola tastes so good”
“Semplicemente cerca su Google il luogo dove Coca Cola è così buona”

Poche parole, molto vaghe, eppure è risultata una pubblicità vincente. Avete già capito di chi stesse parlando l’attrice Mindy Kaling nel Giugno 2017, indossando un vestito color giallo acceso che contrasta sul background rosso?

Ebbene sì, per sponsorizzare l’offerta del momento – Coca Cola ed altre bevande a solo un dollaro, indipendentemente dal formato – McDonald’s decise di creare questo spot per il territorio americano. L’idea alla base era quella di sfruttare un pensiero comune condiviso da molti utenti online secondo cui, inspiegabilmente, la Coca Cola venduta da questa catena di fast food sia la più gustosa. Che sia vero o meno non ha importanza, ma migliaia e migliaia di persone sono d’accordo su ciò. E come realizzare un video che tratti di questo a favore del proprio brand? Semplice, non nominando il brand affatto! Per quanto pazzo possa sembrare, lo fecero, e funzionò terribilmente bene. Mettendo al centro dell’attenzione non l’azienda, non l’offerta – che viene accennata solo a fine spot, quasi timidamente da una scritta più che dalle parole dell’attrice stessa – bensì il cliente, e nello specifico la leggenda creata dalla stessa clientela.

Cosa comportò ciò? Chiunque fosse a conoscenza di questo mito ne rimase colpito, quasi a dire esterrefatto “wow, ma allora mi leggevano, sanno quel che penso, sanno quel che voglio”. Quelli che invece non ricadevano nella prima categoria, incuriositi dallo spot ma anche dai commenti altrui che rispondevano positivamente allo stesso, fecero proprio quello che la stessa pubblicità chiedeva loro: googlare in cerca di questo paradiso della bevanda gassata più venduta al mondo. Ed un semplice click non rimane mai fine a sé stesso.

McDonald’s fece ciò che per molti sarebbe impensabile: non parlò di McDonald’s. Certo, si potrebbe dire che ovviamente McDonald’s sia McDonald’s, al quale non serve farsi pubblicità, eppure di esempi di mosse coraggiose per stupire il cliente e portarli all’acquisto del proprio prodotto ne esistono, ed uno recente è proprio italiano.

“Vorrei una campagna pubblicitaria che coniughi la mia voglia di soldi con quella di innovazione e convenienza del cliente”
“Ma amore non esiste una pubblicità così, possa un asteroide colpirmi”

Va bene, lo spot non faceva esattamente così, ma sicuramente lo avrete riconosciuto dato l’enorme esposizione che ha avuto. Il successone del Buondì Motta è stato, ed è ancora, sulla bocca di tutti. Motta promuove il prodotto con un breve spot pubblicitario di 30 secondi, dei quali ben 17 vengono impiegati per mostrare un’immagine semi-statica dello stesso. Ma cos’è che è successo negli antecedenti 13 per garantire l’interesse dell’osservatore? Di tutto, quello che spot dopo spot ha portato al completo annientamento del genere umano. Moltissime furono le risposte nel vedere la madre schiacciata da un enorme asteroide, col sentiment che variava fra chi affermava l’incredibilità dello spot e chi si armava come paladino della giustizia e condannava la “violenza” in esso presente. Ciononostante, mesi dopo la prima messa in onda, ancora non si può parlare di astronomia senza pensare alla bambina dal sorriso del diavolo: passaparola e esposizione mediatica che, al di fuori dei costi dello spot stesso, non sono costati nulla alla Motta. Un centro perfetto, dato un po’ dal caso (innegabile ammettere che senza l’iniziale sostegno da parte degli utenti social le cose potrebbero esser andate diversamente), ma frutto anche di grande audacia nello sfidare la sorte con qualche di originale e, quasi, anti-politically correct.

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